S. Edmund C. S.J.: Le dieci ragioni

DIECI RAGIONI CERTO DELLE QUALI EDMUND CAMPION SFIDO’ I SUOI AVVERSARI – ACCADEMICI PROTESTANTI E LUTERANI D’INGHILTERRA – A DISPUTARE DELLA FEDE.

Al fine di rafforzare la fede dei cattolici del regno, Campion scrive un libro che verrà pubblicato nel giugno del 1581 sotto il nome di Rationes decem (Dieci ragioni). L’autore vi espone dieci ragioni fondamentali per le quali il protestantesimo non può essere vero, sviluppando cinque grandi temi: la Sacra Scrittura, i Padri della Chiesa, i Concili, la visibilità della Chiesa, le incoerenze delle posizioni protestanti. La Sacra Scrittura, egli osserva, ci è stata data dalla Chiesa che, alla luce dello Spirito Santo, ha valutato con il discernimento quali libri siano stati ispirati da Dio. Tuttavia, i protestanti rifiutano alcuni libri della Bibbia ricevuti da secoli nella cristianità. Così, per esempio, Lutero descrive la Lettera di san Giacomo come «lettera di paglia», perché essa afferma, all’opposto della dottrina luterana, che la fede non è sufficiente per la salvezza, ma che bisogna anche compiere opere buone. Riguardo ai Padri della Chiesa, Campion fornisce parecchi esempi del rifiuto della loro autorità da parte dei riformatori. Egli dimostra che l’insegnamento dei Padri conduce al cattolicesimo; se non lo si accetta, non si può nemmeno essere cristiani.

Campion mostra poi che i riformatori non hanno mai accettato di partecipare al Concilio di Trento (1545-1563) anche se vi erano invitati, e che rifiutano la testimonianza dei concili ecumenici. «Se lo Spirito di Dio risplende sulla Chiesa, egli scrive, il momento più favorevole per inviare il suo soccorso divino è certamente quando la massima maturità di giudizio, la massima scienza e saggezza, la dignità di tutte le chiese della terra sono riunite insieme in una città.» Infine, secondo i protestanti, la vera Chiesa di Cristo è rimasta nascosta per molti secoli; di conseguenza la Chiesa, per natura, non sarebbe né visibile né individuabile. Per i cattolici, al contrario, la Chiesa di Cristo è per natura una società visibile, facilmente riconoscibile da tutti. È la città posta su un monte, che deve illuminare il mondo, e che, per questo, non può essere nascosta (cf. Mt 5,14). Nell’ultima parte del libro, il gesuita attira l’attenzione sulle molte contraddizioni dei riformatori. Così Lutero, con la sua dottrina della giustificazione per la sola fede, afferma che il cristiano è nel contempo giusto davanti a Dio e sommamente detestabile perché i suoi peccati non sono rimessi ma solo coperti. Calvino, con la sua dottrina sulla predestinazione, rende Dio responsabile della dannazione.
Il libro di Edmund Campion conobbe un grande successo e venne tradotto in molte lingue. È ancora pubblicato ai nostri giorni.

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Descrizione

S. Edmund Campion
Edmund Campion nasce nel 1540 in una nobile famiglia inglese cattolica e quando i suoi genitori decidono di passare al protestantesimo anglicano, anch’egli si adegua per poter proseguire gli studi nella prestigiosa Oxford. Ma quanto più approfondisce la teologia e la storia, tanto più si rende conto che è la Chiesa di Roma che ha conservato il patrimonio autentico del cristianesimo originario. A 29 anni, pur avendo ricevuto promesse di diventare vescovo anglicano, lascia tutto e fugge nella cattolica Irlanda, diventa gesuita e, dopo un periodo a Praga, viene inviato, quarantenne, in Inghilterra. Ovviamente deve esercitare il suo ministero verso i sempre più perseguitati cattolici in modo clandestino. Ma non senza ardimento: fa stampare (strumento tecnologico molto avanzato per i tempi) 400 copie di un opuscolo in cui spiega le contraddizioni dell’anglicanesimo di Stato e, addirittura, sfida i teologi fedeli alla regina Elisabetta ad una pubblica controversia. Diventa il ricercato numero uno del Regno e viene arrestato il 16 luglio 1581.

Trasferito alla Torre di Londra, non cede né alle torture né alle lusinghiere proposte della regina stessa. Sale al patibolo il 1 dicembre. Sono storie che lasciano a bocca aperta per l’enormità delle sfide che questi uomini hanno affrontato e per il coraggio indefettibile che hanno mostrato. Vien subito in mente quanti cristiani sono chiamati oggi, letteralmente, alla stessa dolorosa prova.
Ma in fondo ciò che commuove di più non è il coraggio, ma quanto ricordò Paolo VI il 25 ottobre 1970 canonizzando padre Campion ed altri 39 martiri dello stesso periodo: «Molto si è detto e si è scritto su quell’essere misterioso che è l’uomo: sulle risorse del suo ingegno, capace di penetrare nei segreti dell’universo e di assoggettare le cose materiali utilizzandole ai suoi scopi; sulla grandezza dello spirito umano che si manifesta nelle innumerevoli opere della scienza e dell’arte; sulla sua nobiltà e la sua debolezza; sui suoi trionfi e le sue miserie. Ma ciò che caratterizza l’uomo, ciò che vi è di più intimo nel suo essere e nella sua personalità, è la capacità di amare, di amare fino in fondo, di donarsi con quell’amore che è più forte della morte e che si prolunga nell’eternità». L’amore di sant’Edmund Campion.

Informazioni aggiuntive

Autore

Sant\'Edmund Campion, gesuita