San Paolo Miki, martire dell’ecumenismo verso lo shintoismo

Nell’odierno modo di pensare, il Giappone evoca tre archetipi: guerrieri, onore e donna. Sono valori che affascinano un certo mondo conservatore o di destra: ma, sebbene siano comuni allo shintoismo, in Occidente hanno un significato diverso. Senza codici morali, senza soteriologia, senza escatologia, lo shintoismo non ha affrontato né il problema dell’anima né quello dell’aldilà, né ha elaborato il concetto di divinità. Così sbaglia di molto chi equipara:
– un samurai a un cavaliere cristiano medievale;
– l’onore costituito dalla fedeltà a un uomo – Daimyō o Shogun che sia – a quello derivante dalla coerenza della propria vita con la legge divina;
– il considerare la donna come “un campo da inseminare” (Takeda) a una persona con pari dignità dell’uomo dalla quale dipende molto del proprio ben vivere.
Questa diversità di senso si ripercuote anche sulla vicenda del santo Martire la cui vita da oggi diffondiamo gratuitamente.

San Paolo Miki, dall’alto della croce in cui sta per essere ucciso, grida al popolo: “Son giapponese e religioso della Compagnia di Gesù condannato a questa croce, non per niun fallo ch’io abbia commesso, ma sol perché ho predicato la legge del Signor Nostro Gesù Cristo”. Questo conferma, che l’odio per la legge di Cristo da parte di Taicosama (i.e. Toyotomi Hideyoshi) non ha motivazioni economiche o politiche. La terrificante persecuzione di 250 anni, le crudelissime tecniche di tortura escogitate dagli shintoisti (Cfr. https://www.ombrellirotti.asia/2024/07/02/i-martiri-cristiani-di-unzen/ ) sono dovute all’ostilità alla missionarietà.

Se il missionario ottiene conversioni individuali, poi nascono famiglie cattoliche. Tali famiglie vivono in modo più conforme alla natura umana e le conversioni alla vera fede si moltiplicano, fino a mettere in discussione il vigente sistema sociale.
Nel caso del Giappone, l’opera dei missionari trova terreno fertilissimo nella coerenza e mentalità giapponese: Hideyoshi se ne accorge, per esempio, dalla ripulsa di donne cristiane a prestarsi ai suoi capricci. Lo Shogun comincia a temere per il numero sempre crescente di cattolici (non solo contadini e poveri ma anche numerosi nobili, intellettuali e samurai) che parlano di Cristo come del loro Shukun, loro Signore, verso il quale mostrano un attaccamento e una fedeltà assoluta, come si deve a un vero Signore. È esemplare il caso del Beato Dom Justo Takayama Ukon (1552-1615, festa liturgica il 4 febbraio) Daimyō e samurai giapponese.

La persecuzione non riesce a distruggere la fede cattolica in Giappone. San Paolo Miki viene martirizzato nel 1597: duecentocinquanta anni dopo un missionario francese viene cautamente avvicinato da una comunità cattolica: i cattolici avevano trovato un modo per conservare e trasmettere la fede cristiana senza sacerdoti.

Ecco, dunque, il grande insegnamento che ci viene da San Paolo Miki: “Or trovandomi io in quest’ultimo punto della mia vita, nel quale ben potete creder sicuro che non voglio ingannarvi, vi denunzio e protesto, che non v’è altra legge, né altra via da salvarsi, che quella che tengono i cristiani”.

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totustuus.it

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Descrizione

Autore: Padre Giuseppe Boero S.J.
Storico gesuita (Isolabona, Imperia, 1814 – Roma 1884); archivista e postulatore generale, assistente (1876-83) per la provincia d’Italia; ha lasciato varî scritti apologetici della Compagnia e agiografici (Vita del pPietro Canisio, 1864), ha curato la pubblicazione di opere inedite (di Paolo Segneri e altri) e la ristampa ufficiale dell’Institutum Societatis Jesu (1869-70).