Sotto il segno vermiglio (vita di S. Gaspare del Bufalo)

Il nuovo e-book in diffusione da oggi, è un’altra biografia di San Gaspare del Bufalo. Non si tratta solo di un modo degno per additare l’esempio di un gran santo, . Si tratta anche di non dimenticare qualcosa che ci è stata tolta: la devozione al Preziosissimo Sangue di N.S.G.C e, con essa, l’aspetto cruento e il tratto prettamente sacrificale della Passione.

La Festa del Preziosissimo Sangue di Gesù ha origini recenti: fu papa Pio IX a trasformarla da celebrazione seguita solo in alcune chiese italiane a culto generale. Divenne festa universale nella prima domenica di luglio, anche in ricordo della persecuzione subita dalla Santa Sede e come ringraziamento dopo la liberazione dall’esilio di Gaeta.
La festa fu poi fissata da San Pio X al 1° luglio.

Il sangue versato da Gesù per la salvezza dell’umanità fu oggetto di culto sin dai primi secoli dell’era cristiana, ma la devozione aumentò dall’XI secolo, soprattutto con la diffusione della leggenda del Graal.
Un culto, quello del Sangue di Gesù, ripreso con vigore nella prima metà dell’Ottocento grazie al sacerdote (poi diventato vescovo) don Francesco Albertini, promotore di una Confraternita intitolata al Preziosissimo Sangue. E tra quelli che aderirono al culto c’era S. Gaspare del Bufalo, fondatore dei Missionari del Preziosissimo Sangue, e Santa Maria De Mattias, che fondò le Suore Adoratrici del Sangue di Cristo.

Più di recente, a seguito del Concilio Vaticano II, si pensò bene di attenuare questo culto, forse perché considerato troppo “sanguinario” per la mentalità moderna.
Negli anni dell’“autodemolizione” fu così unificata nella Festa del Corpus Domini, dove tutt’oggi permane: il fatto è che quest’ultima festa ha per oggetto la Presenza reale e il Pane di vita eterna, mentre l’altra celebrava il mezzo della Redenzione universale.
L’uomo moderno non sopporta l’idea del sacrificio, del sangue, del dolore, della morte. Specialmente se questi valori si contrappongono al benessere materiale e al godimento. Così, forse, i moderni teologi han cercato di edulcorare tanti aspetti del dogma cattolico; attenuare per compiacere, annacquare per essere accettati…e così via.
Ecco, dunque, che San Gaspare del Bufalo ci ricorda che: sine sanguinis effusione non fit remissio – senza il versamento del sangue, non c’è perdono (Eb IX). San Pietro dice: ‘Voi siete stati redenti dal sangue prezioso di Cristo come di un agnello innocente ed immacolato’; e san Giovanni parla nell’Apocalisse del ‘Sangue di Cristo nel quale siamo redenti.’

San Gaspare e la sua vita, avventurosa al punto da sembrare scritta da Emilio Salgari. Ma anche piena di avvenimenti soprannaturali, di conversioni strepitose, di fatti ricchi di insegnamenti per noi. Tutti “… sotto il segno vermiglio”!

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Descrizione

La famiglia romana Del Bufalo, nobili decaduti, il 6 gennaio 1786 è allietata dalla nascita di un figlio che viene battezzato – in onore della solennità dell’Epifania – Gaspare, Baldassarre, Melchiorre. Fin da piccolo dedito alla preghiera e alla penitenza, Gaspare frequenta il Collegio Romano allora affidato al clero secolare, in seguito alla soppressione della Compagnia di Gesù. Dal momento, però, che suo padre fa il cuoco presso Palazzo Altieri, davanti alla Chiesa del Gesù, Gaspare impara a conoscere e venerare San Francesco di Sales, al quale attribuisce una miracolosa guarigione ottenuta in gioventù.
Tra i “barozzari”
Nel 1798 Gaspare veste la talare e inizia a occuparsi dell’assistenza spirituale e materiale dei bisognosi di Roma. Si distingue, in particolare, per l’impegno nell’opera del catechismo, che organizza nell’oratorio della chiesa di Santa Maria del Pianto, dove si dedica in particolare a spiegare la dottrina ai “barozzari”, i carrettieri che dalla campagna arrivano a portare il fieno nel cosiddetto Campo Vaccino, come veniva chiamato all’epoca il Foro Romano. Si preoccupa anche di preparare un gruppo di giovani scelti per l’insegnamento della catechesi e li invia a occuparsi dei poveri, facendo di fatto rinascere l’Opera di Santa Galla. Nel 1808, finalmente, viene ordinato sacerdote e intensifica l’apostolato tra le classi popolari trasformando, tra l’altro, la chiesina di Santa Maria in Pincis, presso la Rupe Tarpea, in un fiorente centro di pietà.
“Non debbo, non posso, non voglio”
All’epoca di Gaspare, Roma e lo Stato Pontificio sono occupati dalle truppe napoleoniche. La notte tra il 5 e il 6 luglio 1809 la situazione precipita e Papa Pio VII viene imprigionato e deportato. Contemporaneamente Napoleone impone a vescovi e parroci della città di firmare un giuramento di fedeltà al nuovo regime. Il 13 giugno 1810 il giuramento viene imposto anche a don Gaspare, che però rifiuta pronunciando le famose parole: “Non debbo, non posso, non voglio”. A questo punto viene imprigionato e condotto in esilio. Sconterà la sua pena nelle carceri di Piacenza, poi Bologna, Imola e infine Lugo, vicino Ravenna, in tutto quattro anni. Tornerà a Roma solo nel 1814.
Un “terremoto spirituale”
Nel 1815 Gaspare fonda una nuova congregazione chiamata dei Missionari del Preziosissimo Sangue. È questa la devozione che sente più vicina, strettamente collegata a quella del Sacro Cuore di Gesù, e ne diventa l’apostolo più ardente. Solo il sangue versato da Cristo per la redenzione degli uomini, infatti, è strumento per la conversione dei peccatori. Pio VII si accorge del suo zelo e affida alla sua congregazione il compito di rievangelizzare e restaurare la fede nei territori dello Stato Pontificio. In pratica gli chiede di andare lì dove nessuno vuole andare e di confrontarsi con persone con cui nessuno vuole avere nulla a che fare.
Il “martello dei settari”
Sono principalmente due le piaghe che affliggono Roma e che Gaspare con i suoi missionari deve affrontare: la massoneria e il brigantaggio. Contro le società segrete, considerate fucine di un pericoloso laicismo ateo, le sue doti di predicatore toccano picchi impensati e raggiungono risultati insperati: riesce a riportare sulla retta via intere logge e a far venire alla luce un problema nascosto, tanto da guadagnarsi il soprannome di “martello dei settari”. Non meno efficace il suo operato con i briganti: in missione sulla via tra Roma e Napoli, armato solo di un crocifisso e della misericordia evangelica, Gaspare parla con loro, spiega il sacrificio di sangue che Gesù ha fatto per la salvezza di tutta l’umanità. E così, pian piano, riesce in quello in cui non era riuscito nessuno: rendere la città più sicura.
La morte e la canonizzazione dell’“angelo di pace”
Nel 1834, grazie alla collaborazione con Maria De Mattias, che aveva incontrato a 17 anni facendo venire alla luce la sua vocazione, Gaspare fonda il ramo femminile della congregazione: le Suore adoratrici del Preziosissimo Sangue di Cristo, che oggi hanno missioni in tutto il mondo, soprattutto in India e in Tanzania. Tre anni dopo muore. Verrà canonizzato da Pio XII nel 1954. Di lui, parlando al capitolo generale della Congregazione, il 14 settembre 2001, Giovanni Paolo II disse: “Fiducioso nel fatto che la richiesta del Papa fosse un ordine di Cristo, il vostro Fondatore non esitò a obbedire anche se il risultato fu che molti lo accusarono di essere troppo innovatore. Gettando le sue reti nelle acque profonde e pericolose fece una pesca sorprendente”.

Questa la preghiera al Sangue di Gesù di S. Gaspare del Bufalo:
O sangue prezioso del mio Signore, che io ti benedica in eterno.
O amore del mio Signore divenuto piagato!
Quanto siamo lontani dalla conformità alla tua vita.
O sangue di Gesù Cristo, balsamo delle nostre anime, sorgente di misericordia, fa’ che la mia lingua, imporporata di sangue nella quotidiana celebrazione della Messa, ti benedica adesso e sempre.
O Signore, chi non ti amerà?
Chi non arderà di affetto verso di te?
Le tue piaghe, il tuo sangue, le spine, la croce, il divin sangue in particolare, versato fino all’ultima stilla, con quale voce eloquente grida al mio povero cuore!
Poiché tu agonizzasti e moristi per me per salvarmi, io darò, se occorre, anche la vita, perché giunga al possesso beato del cielo.
O Gesù, sei stato fatto per noi redenzione.
Dal tuo costato aperto, arca di salvezza, fornace di carità, uscì sangue ed acqua, segno dei sacramenti e della tenerezza del tuo amore, o Cristo, che ci hai amati e lavati nel tuo sangue!